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DJANGO & PANDA – quando è uno sguardo a catturarti

Di Django molti direbbero una testa di …e non aggiungo altro. Io lo dico spesso, ma non lo penso veramente. 

La razza ha un nome piuttosto semplice da ricordare, e forse per questo è stata una delle prime che mi è saltata in mente all’inizio della mia ricerca. Come vuole lo standard, Django è un cane da lavoro, molto intelligente e ricettivo all’addestramento. Non è stato facile crescere con lui. Ha un carattere difficile, e che non fosse il soggetto più adatto come primo cane e, soprattutto, come primo border collie, mi è stato detto fin da subito, e ripetuto più volte nel corso degli anni. 

Django è un costante lavoro. La mia vita non ruota solo attorno a lui, ma mentirei dicendo che le cose che faccio, e come le faccio, non dipendano in gran parte da lui. Django è schivo di natura, ma negli anni un sacco di persone su cui oggi faccio affidamento, e con cui sono entrata in sintonia, le ho incontrate grazie a lui. È fortemente attivo, e per questo abbiamo provato un sacco di attività e sport diversi, fatto escursioni e trekking in luoghi meravigliosi, oltre alle passeggiate quotidiane che né vento né pioggia possono impedirci di compiere. Come già detto, è anche molto intelligente. Ha bisogno di attività che lo impegnino sia fisicamente che mentalmente. Attività che se non gli vengono fornite inventa da solo e l’esperienza mi ha insegnato che non è proprio il caso. 

Tutto questo e molto altro lo rendono estremamente difficile per la persona media, ed essendone probabilmente consapevole Django compensa con un altro innegabile aspetto del suo carattere: la fedeltà. Nel bene e nel male, per lui esistiamo solo noi: la famiglia (e pochi altri eletti che si possono contare sulle dita di una mano). Leggo spesso che i border collie hanno uno sguardo ipnotico, necessario per fare ciò per cui da sempre vengono selezionati. Occhi che catturano e che non ti mollano più. Ecco, noi Django ci ha catturati quasi dieci anni fa, e da allora non c’ha più mollato. 

Panda invece è giunta da noi con una storia triste alle spalle, ma questo suo passato, se in qualche modo l’ha influenzata, devo ancora scoprirlo. 

È di carattere gaio, seppur alle volte timida nell’approccio. 

Panda ama i gatti. Amore che, al di fuori di un gatto in particolare, non è mai ricambiato. Poco importa, lei ci tenta sempre.  

Non avendo fatto un test genetico posso solo ipotizzare le sue origini, ma se anche l’aspetto (e il colore) richiama fortemente al border collie, la taglia la smaschera subito. Ciò detto, del border sicuramente mostra la grande necessità di movimento e la spiccata intelligenza (anche se, alle volte, l’espressione esibita potrebbe trarre in inganno). Adora le attività di ricerca, intenzionali o accidentali (per me, in questo caso. Sono sicura che per lei nulla sia lasciato al caso). Scova palline nascoste, oggetti smarriti, ma anche quaglie, fagiani e simili senza problemi.

Dimostra una spiccata capacità di comprensione e ha già nel suo repertorio un’enorme quantità di tricks. È altamente cibo-motivata, ma non disdegna nemmeno le palline, per cui ha una vera e propria ossessione. È svelta nel pensiero così come nelle zampe. 

Tanto quanto Django Panda ha nel suo sguardo solo noi, e difficilmente si allontana più di qualche passo. Possiede anche una certa propensione per mettersi a dormire contro le porte, quasi sempre quando tu sei dall’altro lato e la porta si apre solo spingendola. Le minacce non servono a niente, e le lusinghe funzionano solo se convincenti. Ciò significa che se in mano non hai un premietto o una pallina, la porta non la apri. 

Con Django sono stata la prima a chiamare l’allevatore, più o meno quaranta giorni dopo, mi sono trovata davanti a otto adorabili canaglie, e ai loro splendidi genitori. Circondata da cani neri e bianchi, ho aspettato uno Zing che non c’è stato. Ognuno era unico, ma non abbastanza per dire: è lui/lei. L’allevatore intanto me li presentava con tutto ciò che aveva osservato fino ad allora, consigliandomi, cercando di guidarmi nella scelta.

Dopo dieci minuti è arrivato il momento di portarli dentro, e io ancora non avevo minimamente idea di quale scegliere. Poi hanno sollevato la recinzione, sette polpette sono corse dalla madre, una nella direzione opposta, verso il cancello d’uscita. Bloccato, ha mugolato contrariato, prima di lanciarsi senza pietà sui lacci delle mie scarpe. Il resto è storia.

Con Panda invece è stato, in parte, il caso. 

Caso che il suo annuncio di adozione sia comparso nella mia schermata, e che le poche righe scritte sotto la foto di un cane con più orecchie che altro spingessero che indagassi un po’ di più. Il resto, però, caso non è stato. Non è una scelta facile quella di inserire un secondo cane in famiglia, soprattutto se sono già presenti altri animali (umani, piccoli e grandi, compresi) e si sceglie di adottare. Le volontarie sono state gentili, disponibili, rispondendo alle mie costanti domande senza remora e in maniera assai competente. Il procedimento non è stato semplice (essere sotto pandemia non ha certo aiutato) ma dopo un lungo viaggio, Panda è arrivata a casa. Il primo incontro è stato assai particolare: vederla per la prima volta e sentire di conoscerla già. È un momento assai speciale, quello che ti prende quando adotti un cane. E nemmeno penso che dimenticherò molto facilmente l’improvviso e pressante senso di consapevolezza provato quando, nel viaggio di ritorno a casa, mi sono resa conto che stavo nuovamente rivoluzionando tutto, per fare un po’ più spazio nella mia casa, nella mia routine, nella mia vita.

Abbiamo dovuto rinunciare a qualche vacanza, a qualche uscita troppo lunga in un momento che non potevano stare soli. Quella è stata l’unica parte “dolorosa”! 

Django e Panda si sono inseriti nella nostra vita più facilmente di quanto mi aspettassi, e in realtà sono loro a organizzare me: mi fanno alzare per tempo e garantiscono che io faccia del moto con qualsiasi tipo di clima.

Non sono mai stata una persona mattutina, ma ogni estate ho la sveglia impostata vergognosamente presto per la prima passeggiata della giornata. Ogni tanto nutro rancore, ma c’è qualcosa di veramente bello nell’incamminarsi all’alba, il rumore dei propri passi l’unico suono percepibile e perdersi in un silenzio che non è mai opprimente, ma accogliente, e da cui cerco di trarre più possibile. 

Nelle altre stagioni magari non esco prima del canto del gallo, ma comunque a qualche ora la passeggiata si fa. I cani ne hanno bisogno e, nel tempo ho scoperto, io pure. Devo confessare che ho anche l’abitudine di usare qualche uscita per schiarirmi le idee, ma solo quando siamo in campagna e nessuno può sentirmi (spero): sono ascoltatori fantastici, i cani. Non cercano mai di darmi consigli, e anche se la risposta che cerco non arriva, in quel lasso di tempo ho reso felice qualcun altro e mi accorgo che questo, in qualche modo, alla fine aiuta.

Django mi ha reso indimenticabili due date di quest’anno, il 2 e 26 febbraio. La prima, il giorno in cui il mio mondo si è fermato, mentre studiando una macchiolina sospetta la veterinaria mi ha detto che c’era un’elevata possibilità fosse qualcosa di molto brutto. Sono consapevole, come tutti, che la vita dei cani è breve. Ma sapere che la vita del tuo migliore amico in particolare potrebbe essere ancora più corta? Fa talmente male che mancano le parole. 

La seconda data, più o meno dieci giorni dopo l’operazione per rimuovere suddetta macchia, quando mi ha chiamata la stessa veterinaria dicendomi che Django è un cane molto fortunato. Ancora una volta mi sono mancate le parole, ma ora le so: no, non è lui ad essere fortunato. Sono io. 

La prima notte con Panda è un ricordo indelebile. Panda ha dormito nel trasportino lasciato aperto ed io in macchina, non volevo fosse da sola in garage. Sfortunatamente, la nuova arrivata faceva così puzza che era impensabile accoglierla in casa, e altrettanto impensabile lavarla vista l’ora tarda. 

Sono rimasta sveglia un bel po’, quella prima notte. Gli eventi della giornata ancora troppo vividi per lasciarli divenire ricordi, i pensieri che correvano come pazzi da tutte le parti. 

Di solito non sono una che rimugina, ma quella notte non riuscivo a farne a meno. A una certa ora del nuovo giorno, il dolore per la posizione inadatta mi ha svegliata. Lo sguardo è corso subito al trasportino, dove Panda, già sveglia, aspettava. Un leggero movimento di coda, come un saluto incerto, ma via via sempre più forte, da dare l’impressione di avere una giuntura al centro del corpo. È questo il bello dei cani: il loro affetto è molto schietto. Una passeggiata, un po’ di cibo, una cuccia…e Panda ci voleva già bene. Non dimenticherò mai questo così semplice, fiducioso amore sul suo muso. D’altronde lo vedo ogni mattina, quando appena sveglia scendo e le do il buongiorno. È sempre stato lì, sin dal primo giorno.

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