La vicenda di Tago ci porta indietro nel tempo nella Bologna di fine Settecento. La statua commemorativa del cane è ancora oggi custodita gelosamente nelle gallerie delle Collezioni comunali d’Arte della città.
Grazie all’abile mano dello scultore romagnolo Luigi Acquisti, lo sguardo docile di Tago resterà per sempre impresso nella terracotta e continuerà a colpire con la sua cristallina fierezza i cuori dei visitatori.
Un trovatello fortunato
Tra il 1772 e il 1777 Bologna era una delle città più ricche e importanti dello Stato della Chiesa. Da un punto di vista culturale era un periodo di massimo splendore. In quegli anni l’Alma Mater era proiettata verso un prospero futuro grazie al successo dell’Istituto delle Scienze e della Specola.
In campo medico Marcello Malpighi gettò le basi all’osservazione microscopica in anatomia. Le serate passavano tranquille ed erano allietate da eventi teatrali dove compositori del calibro di Pirro Albergati davano vita a tragedie le cui scenografie erano montate dai pittori più in voga.
La storia di Tago si colloca proprio in questo periodo e all’epoca – come oggi – ha fatto sfuggire qualche lacrima. Fu il marchese Tommaso De’ Buoi (o Bovi) a trovare un piccolo cucciolo in una strada di campagna. Esponente di una delle famiglie di spicco dell’aristocrazia bolognese, Tommaso si recava spesso in campagna per controllare i poderi, affidati a mezzadri.
Durante uno di questi viaggi il giovane nobile fece improvvisamente arrestare la sua carrozza. Infatti aveva notato, lungo il ciglio della strada, un cucciolo abbandonato e disorientato che aveva l’aspetto di un bracco.
Tommaso lo prese con sé e lo portò a casa senza esitazione. Con il passare del tempo, Tago e il marchese divennero inseparabili e coltivarono un legame esclusivo che nessuno avrebbe potuto incrinare.
L’ultima impresa di Tago
Per tutta la sua vita Tago fu ospite dell’antico palazzo dei Marchesi De’ Buoi in via Cavaliera (l’odierna via Guglielmo Oberdan). Per un trovatello come lui, passare dalla strada ad uno sfarzoso edificio nobiliare settecentesco deve essere stata un’emozione non indifferente! Il cagnolino, come da usanza in quell’epoca, aveva la sua cuccia nei piani alti, dove spesso erano collocati anche i pollai.
Tago, che dopo molti anni aveva perlustrato ogni angolo del palazzo, aveva designato una finestra al secondo piano come torre di guardia da cui poter controllare attentamente tutte le attività che si svolgevano nella residenza e nel cortile. Questa postazione privilegiata gli consentiva anche di sbirciare l’ingresso del palazzo e di tenere sotto controllo i movimenti in entrata e in uscita del suo amato compagno umano.
Ali per volare
Nel tardo pomeriggio di una giornata come tante altre, il marchese Tommaso stava rincasando a bordo del suo calesse proprio mentre Tago era affacciato alla sua adorata finestra. Il suo unico obiettivo era precipitarsi dal suo amico per accoglierlo prima di tutti come solo lui sapeva fare.
Purtroppo, però, il piccolo cane si trovava al secondo piano; scendendo la lunga scalinata che lo separava da Tommaso avrebbe sicuramente perso troppo tempo e sarebbe arrivato dal suo amico con qualche minuto di ritardo.
Inoltre, c’era anche l’eventualità che qualche antipatico servitore potesse aver chiuso alcuni portoni proprio per impedirgli di scorrazzare liberamente per il palazzo. Per Tago tutto questo non era accettabile! Doveva assolutamente essere il primo a festeggiare il ritorno a casa del marchese.
Nessuno saprà mai quali pensieri hanno attraversato la mente del piccolo Tago in quei momenti di enorme agitazione. Di una cosa però siamo certi; il gesto da lui compiuto fu una manifestazione inimitabile di amore incondizionato. Nel giro di pochi secondi Tago decise che l’unico modo per raggiungere il suo compagno umano era lanciarsi dalla finestra, andando contro qualunque forma di istinto di sopravvivenza.
Tago sfidò l’inesorabile legge di gravità pur non avendo ali per volare. Il piccolo amico del marchese morì ai suoi piedi, fiero di aver sacrificato la sua vita per dimostrare fedeltà e riconoscenza al suo Tommaso.
Tra storia e leggenda
Il marchese Tommaso è più volte descritto come profondamente riservato, a tratti cinico e asettico. Tuttavia, nei confronti del suo piccolo eroe dimostrò tutto l’affetto che spesso faceva fatica a esternare in altre circostanze.
Il gesto estremo e straziante del suo amico peloso lo colpì nel profondo.
Per onorarne la memoria il marchese decise di far realizzare una statua che raffigurava il suo amico scomparso nell’eterna posizione dell’attesa.
La scultura fu commissionata al giovane Luigi Acquisti, talentuoso scultore forlivese allora poco più che trentenne.
Dopo essere stata completata, la statua fu collocata proprio sul davanzale della finestra da cui Tago si lanciò nel vuoto.
Lo scultore ha saputo rappresentare il cane con il suo sguardo vigile e profondo mentre scruta attentamente l’ingresso del palazzo De’ Buoi.
Tago è seduto dolcemente su un cuscino che, nonostante sia di terracotta, sembra soffice e comodo. La scultura a grandezza naturale di Tago è stata restaurata nel 2008. Per evitarne l’usura è stata collocata nelle Collezioni comunali d’Arte, mentre nell’ex palazzo De’ Buoi è stata depositata una copia dell’originale.
Se, per caso, vi dovesse capitare di passare dalle parti di Via Oberdan a Bologna, affacciatevi al portone del palazzo che un tempo apparteneva al marchese Tommaso. Guardando negli occhi la dolcissima statua di Tago si resta letteralmente senza parole. Infatti, sembra quasi di poter vedere la scena del gesto eroico compiuto dal fedele Tago.
La leggenda di Tago è quindi un esempio unico di fedeltà e la sua memoria resterà per sempre impressa nella meravigliosa scultura di Acquisti.
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